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06.02.2024
Il verbo di fronte

La nuova raccolta di Roberta Dapunt si snoda intorno a una serie
di nuclei: il dolore come esperienza personale, come natura umana,
come indignazione per le vicende collettive, siano le guerre,
i migranti, il virus o la violenza sulle donne; e il silenzio, anzi, i
silenzi, che non devono nascere da costrizione ma dallo stupore,
dal pianto, dalla contemplazione; le sensazioni del sacro, visioni,
odori, suoni; e la scrittura con la sua potenza e la sua impotenza,
con i suoi tempi verbali nei quali è difficile immedesimarsi,
cosí come è difficile riuscire a identificare se stessi nel fluire del
tempo non verbale. L’intersecarsi di questi temi forma un percorso,
una storia personale e collettiva raccontata con una forte
tensione che non viene mai meno. E con una voce sempre alta,
ma che non si fa mai enfatica grazie alla profonda perplessità
che la anima da dentro.
Roberta Dapunt è nata nel 1970 in Val Badia, dove vive. Per Einaudi
ha pubblicato tre precedenti raccolte di poesia: La terra piú del paradiso
(2008), Le beatitudini della malattia (2013), Sincope (2018). Tra gli altri
suoi libri, Nauz, raccolta di poesie in ladino (Il ponte del sale 2017).